Il Passo della Zita la leggenda

C’è anche una leggenda che coinvolge la Riserva di Monte Cofano.
Riguarda il noto “U Passu da Zita” (Il Passo della Zita) che si trova poco oltre la cappella del Crocifisso, lungo un tratto di sentiero a picco sul mare.

La leggenda racconta di una giovane sposa (zita) che percorreva insieme al marito il ripido sentiero sulla sella di un asino e che, proprio in quel punto della costa, l’animale per paura di un serpente abbia sbalzato la giovane donna facendola cadere giù in mare. Una tragedia nel giorno più bello della giovane fanciulla.

E proprio lì, il mare si presenta con una macchia azzurra, a ricordare il velo di sposa.

Diverse sono le versioni di questa leggenda che purtroppo non trova riscontro storico.

Di seguito riportiamo la traduzione italiana di una poesia, in dialetto siciliano, dedicata a questa originale leggenda che riesce a trasfigurare la tragedia in una dolce favola.

LA STRADA DEGLI SCOGLI

di Giovanni Gucciardi

Ricordi di un tempo confusi, dimenticati, al “Passo della Zita” si fanno colori, nell’ultimo racconto d’un amore agognato che un mare per pietà esala nel cielo.

Ch’è dolce questa sposa che sembra bambina che strascica la veste che la madre ha cucito, più bella di tutte a detta della gente, e sopra l’altare già pensa al battesimo.

Usciti dalla chiesa ché sono sposati, gli rallegrano la festa con tre musicanti; pastina con il brodo per tutti gl’invitati e carne di vitello allevato a sudori.

Chi canta, chi balla, chi mangia biscotti, pure la suocera si leva la testiera, la notte è stata lunga e di colpo gli sposi con gli occhi si fanno un segno.

Lasciando i parenti un tantino brilli presero la scorciatoia con un pezzo di pane, una fetta di luna, due stelle di conto, il mare nelle grotte fa rumore di campane.

Il vento smania e rivolta i pensieri giocando con l’acqua per fare tempesta, il mondo si apre a quegli occhi sinceri con un solo desiderio nel cuore e nella testa.

Ha conservato nella cassa lenzuola di lino per il letto con i trespoli che inaugureranno, riscaldati per ora con un goccetto di vino ché Erice è lontana e ci devono salire.

Cambiando paese l’aspetta la Madonna, una grazia è stato l’uomo, il tetto, questa vita, il sole sorgendo le illumina i sogni e cantano gli uccelli ché passa la sposa.

Ma Cofano è pietra e pietra il Signore che vuole questa figlia con tutto il suo velo, un piede nel vuoto, per colpa di un malore: la strada degli scogli è strada di cielo.

Né disa e palmette per tenersi le mani, né angeli e santi che ha potuto pregare, la voce che strazia si perde lontano, va nel fondo questo velo a dipingere il mare.

A niente è servito quel pugno di frumento, cucchiaio di fiele il miele per quelli e gioca con l’acqua ancora quel vento, ci legge il destino che è scritto nelle stelle.

Ma dopo cent’anni la storia non è morta, ché c’è chi la vede d’amore lucente e mano nella mano lo sposo se la porta, quella sposa ch’è dolce che sembra bambina.